Sono stato intervistato da Roberto Tarzia, imprenditore e fondatore di Fotoimprenditore, la prima community dedicata a fotografi professionisti che insegna a promuoversi online e offline.
È stata una chiacchierata densa di contenuti e spero possa fornirti tanti spunti per la tua attività: come pubblicizzarti, tecniche utilizzate, gestione social network, fino ad arrivare al livello tecnico e a quello che utilizzo per lavorare: dalla macchina fotografica agli strumenti di backup e non solo.
Alla fine dell’articolo, puoi trovare il video integrale dell’intervista. Iniziamo!
Come fotografo newborn ti occupi principalmente di bambini, presumo di un’età che va da 0 a quanto…5 anni? Da che età si definisce il “newborn”?
Da 0 a 20 giorni si parla di newborn, poi mi occupo anche di gravidanze e bambini…fino a che età? Fino a che me li portano (ride).
Tu sei diventato un re del content marketing. Hai aperto anche da poco MetodoAluffi dove insegni come approcciarsi al mondo della fotografia.
Come sei arrivato a diventare un fotografo?
Per gioco e dedicandomi ai paesaggi. Ho iniziato senza persone, senza tempi da rispettare e soprattutto con un gran margine di errore. Partivo con le scarpe da trekking e il cavalletto, per andare a cercare la luce migliore.
Poi mia moglie è rimasta incinta e io ho scoperto il mondo straordinario della gravidanza e, poco dopo, quello della fotografia newborn.
Parliamo di dieci anni fa, quando la fotografia newborn non esisteva in Italia ma era solo qualcosa di americano o australiano.
Con 15.000 euro di attrezzatura nelle tasche – sottratti in un certo senso alla famiglia – ho deciso di farli valere e ho iniziato ad avere il sogno di vendere anche io questo genere fotografico ma quando sono passato alla ritrattistica è stato completamente un nuovo mondo.
Non sapevo quanto fosse complesso entrare nel mondo newborn e nella gestione dei genitori.
All’epoca avevo la spiacevole richiesta di prendere tra le braccia la cosa più preziosa che una persona ha: suo figlio.
L’informazione più difficile da veicolare ai neo genitori, infatti, è stata quella di fargli capire perché si dovessero realizzare le foto entro i primi 15 giorni di vita.
Quindi ho iniziato da subito a informare e pianificare il mio lavoro e questo ha iniziato a stravolgere tutto. Ho sempre avuto la vocazione di “spiegare” esattamente cosa le persone sarebbero venute a fare nel mio studio (che ovviamente non è come quello che ho ora) ed è diventato tutto più snello.
In questi dieci anni ho svolto un grosso lavoro di comunicazione, non solo online ma anche offline con decine di stampe regalate a genitori, ospedali e non solo, per iniziare a muovere l’idea non solo della mia esistenza ai neo genitori, ma anche la fattibilità di realizzare fotografie del genere, con i loro figli.
Oggi, invece, realizzare fotografie ai propri figli appena nati, è un’idea abbastanza radicata nell’immaginario collettivo, ma fino a dieci anni fa era quasi impensabile.
Quanto i social hanno aiutato a enfatizzare questo desiderio di realizzare proprio questo genere di fotografia?
Ti rispondo così: tu pensa che fino qualche tempo fa, succedeva che alcune mamme venivano in studio solo per ricevere files digitali da pubblicare sui social.
Nonostante all’epoca inviassi loro un pdf con i “provini”, logati con il mio nome ben visibile, a loro non interessava scegliere perché la loro idea del mio lavoro era solo quella di ricevere immagini da far vedere ad amici e parenti.
Hai un social preferito?
Lavoro principalmente con Facebook che, rispetto ad Instagram, ha un target medio di età più adulta. Cosa che si riflette anche nel tipo di cliente che fisicamente entra in studio.
Ciò che fai all’esterno è infatti strettamente collegato al cliente che poi ti cerca.
Infatti tu hai tantissimi punti di contatto con i tuoi clienti, a partire dalla rivista che ho qui con me, dedicata solo al NEWBORN. Hai la rivista cartacea, una newsletter che curi, un blog sul quale inserisci contenuti, quale di questi reputi “il migliore”?
La rivista sicuramente è quella che mi ha portato via più energie e soldi, ma anche la più redditizia e ti spiego anche il perché. Noi oggi sappiamo il percorso che una mamma in gravidanza farà nell’arco dei nove mesi andrà dal ginecologo, in ospedale, farà la morfologica, le ecografie, frequenterà gruppi pre-parto e così via.
In tutti questi posti, io mi faccio trovare.
Così, magari, finché aspetta una visita alza lo sguardo e vede le mie foto appese, mentre sfoglia la rivista, vede il logo, va a sbirciare sul sito e così via.
Il secondo vantaggio di parlare a una mamma in gravidanza è che ti dedica attenzione. Spedendole la rivista a casa, può scegliere lei cosa e quando leggere, perché ha tempo e voglia per leggere ciò che tu hai da dirgli.
Ad esempio, quando mi chiedono un appuntamento a ridosso del servizio, io glielo “nego”, dicendo loro che prima di arrivare in studio devono essere preparati con dei contenuti che ho pronti per loro.
Questo prepara il terreno per la prenotazione in studio.
Da me, circa il 95% delle persone che arrivano in studio, prenota. Ma questo grande tasso di conversione arriva, però, da tutto quello che fai prima, senza contare il benefit di tutte le informazioni ripetitive che puoi evitare di dare in studio (perché le hanno già a disposizione sui materiali cartacei).
Tra l’altro, noi non ci pensiamo più, ma la carta non scade mai!
Quindi, è vero che richiedono tantissimo lavoro dietro, che è una spesa e tutto il resto, ma posso assicurare che non la rivista Newborn non la buttano mai.
Mi raccontavi infatti di come quando ti interfacci con una mamma che non ha fatto il percorso che tu hai pensato, diventa tutto più difficile. Giusto?
Sì, perché ogni contenuto che preparo trasuda della figura professionale alla quale loro si affidano.
Per esempio, una volta mi è capitato di essere spedito a Lecce da una cliente mia di Torino, che ha voluto regalare a una sua carissima amica una mia sessione Newborn.
Qui ho capito immediatamente quanto se manca tutta la parte di “premessa”, la creazione del personaggio è inesistente. Infatti, quando l’ho vista e le ho chiesto di darmi suo figlio in braccio, mi ero dimenticato di quanto fosse una richiesta enorme, per una persona che non ti conosce.
Il servizio poi è stata la dimostrazione di quanto, nonostante il neonato avesse la stufetta vicino e avesse tutto, si susseguivano una serie di domande, della serie: “mi sembra scomodo, non è che ha caldo? Forse ha freddo?”.
A questo servono tutti i contenuti che scriviamo di content marketing: a catalogarci come esperto di settore, come la persona della quale fidarsi e il mio lavoro è cambiato decisamente da quando le persone mi vedono come esperto di settore.
La rivista Newborn è poi inclusa in un pacco che loro ricevono a casa gratuitamente e che comprende un libretto delle testimonianze, quindi di clienti che sono stati da me e sono rimasti contenti e alcuni voucher, quindi marketing a risposta diretta – dove per concludere la trattativa devono venire in studio.
Questa tecnica però la utilizzo solo per i neonati, non per le altre sessioni.
Hai sicuramente un approccio multi-canale. Molti fotografi si fermano alla pubblicazione delle foto e all’invio del listino pdf. Cosa ne pensi?
In Italia credo che il libero professionista in generale sia prodotto-centrico, cioè che si concentra tantissimo sulla qualità del prodotto – che do per scontata – e meno sul resto.
Nel nostro lavoro, a un certo punto, il cliente non percepisce le sfumature che vedi tu, e va bene così.
È a questo punto che si arriva alla grande parte che è la costruzione di un brand e di un marchio riconoscibile: tu.
La gente ama sapere tutto di te prima di arrivare a chiederti informazioni anche perché, nella maggior parte dei casi, contatta contemporaneamente te e altri fotografi. E, prima di prenotare, vogliono capire chi sei.
Per questo credo e dico sempre che le persone non comprano le fotografie ma altre persone.
Quindi ad oggi, quando sento di fotografi che non vogliono fare video, non vogliono rispondere al telefono…la salita è dura.
Si è alzata quindi l’asticella con gli anni. Come sta cambiando il mercato?
I cambiamenti ci sono sempre stati e il mercato si evolve, pensiamo a quando si è passati dalla pellicola al digitale, qualcuno si è adattato, qualcuno ha mollato.
Oggi invece abbiamo così tanti di quei canali per raggiungere il cliente che è quasi impossibile presidiarli tutti con contenuti mirati.
E infatti io per questo li gestisco con Active Campaign. Ad esempio, quando mi contattano per i conoscere i prezzi (ma solo perché non sanno cos’altro chiederti) li rimando a un modulo di acquisizione cliente, dove inizio a fargli fare un percorso.
Riuscire a selezionare il target tramite il content marketing è quindi fondamentale.
Sì, non è facile e ci vuole davvero tanto tempo per iniziare a lavorare con una certa continuità e costanza. Però è quello che paga.
A meno che tu non riesca a fotografare qualche VIP! A quel punto puoi evitare tutto il content marketing e dire “io sono questo”.
È difficile però arrivare ai VIP…
Beh, io i VIP me li vado a cercare. Ma questa è una storia…
… che finirò di raccontarvi nella seconda parte dell’intervista, in un nuovo articolo.
Nel frattempo, fammi sapere cosa ne pensi di questi spunti! Li hai trovati utili? Ti aspetto nei commenti.